“Siamo più deboli Ma non rinunciamo alla nostra storia”

Nello scenario europeo e’ è un vasto elettorato rimasto privo dei partiti
di riferimento. Le prospettive viste dall’opposizione e dalla maggioranza

 

MILANO – Maurizio Lupi, leader di Noi moderati: a bocce ferme, sul Mes vi aspettavate la sterzata di
Meloni?
«Guardi, oggi (ieri, ndr) Giancarlo Giorgetti ha chiarito bene la posizione dell’Italia, cioè che è sempre stata legata a responsabilità, europeismo e concretezza. La modifica del Patto di stabilità per noi era fondamentale ed è stata una mediazione, un compromesso, che lo rende certamente migliore del passato. La crescita diventa l’obiettivo del nuovo patto e su questo siamo stati protagonisti. Sul Mes le divisioni c’erano sia nella maggioranza che nell’opposizione, ma non vedo una rottura della linea politica finora seguita da Meloni e dal governo ma semmai una opportunità per costruire un’Europa sempre più casa di tutti, dove nessuno si salva da solo».

Non pensa che quel “no” sia stata una mossa che apre la campagna elettorale?
«No, il Mes non è lo strumento per dire “siamo antieuropeisti”. Di sicuro mai come stavolta il voto europeo sarà importante: l’Europa
del 2019 non c’è più, dopo il Covid ha cominciato a capire che c’è bisogno di una politica economica e di un debito comune, c’è una guerra che è scoppiata nel cuore dell’Europa».

Si racconta che gli emissari del Ppe, partito europeo del quale fate parte, non l’abbiano presa bene. Neanche la vostra astensione è piaciuta.
«Non mi risulta, né a me né ad Antonio Tajani. Non vedo irritazione nei nostri riguardi, però una spinta per tornare ad essere protagonisti come popolari. Quanto al Mes, il voto del nostro Parlamento magari aiuterà a migliorarlo».

Allora Conte e i 5 Stelle hanno avuto ragione nel votare “no”, proprio – hanno detto – per migliorarlo.
«Il punto non è rinfacciarsi chi è più europeista o meno ma confrontarci nel merito di contenuti seri. Abbiamo un debito pubblico insostenibile, servirebbe un’alleanza strategica come Paese ma non vedo le condizioni».

Luigi Marattin di Italia Viva, che sul piano “ideologico” non è poi tanto distante da voi, vi ha definito “i camerieri dei sovranisti”. Cosa risponde?
«Fare il cameriere è una nobilissima professione, un ristorante non diventa stellato solo con lo chef ma anche con un grande servizio. E se si intende la politica come servizio, lo prendo come un complimento. In ogni caso a differenza del terzo polo non ci siamo sciolti come neve al sole. Noi con la schiena dritta portiamo le nostre idee nel governo del paese, non ci piangiamo addosso e lavoriamo perché il Ppe sia sempre più fondamentale in Italia e in Europa».

Il malumore però, di fronte alle prove muscolari di Fdi e Lega, c’è, sia sincero…
«Non vedo prove muscolari da parte di Fdi o della presidente del Consiglio. Guardiamo ai fatti: le agenzie di rating hanno dato stabilità al nostro Paese, l’Europa ci ha versato la terza e quarta rata del Pnrr, lo spread è rimasto stabile, sul Patto di stabilità siamo stati responsabili. Poi ognuno farà la sua campagna, se la Lega vuol farla su dei temi sorpassati può farlo, poi decideranno gli elettori».

Con Forza Italia farete un listone unico per le Europee?
«Noi saremo presenti sia alle regionali che alle Europee, ci interessa lavorare alla costruzione di un progetto più ampio, siamo entrambi nel Ppe ma per ora le liste saranno separate».

La perdita di Silvio Berlusconi ha indebolito l’area del centrodestra che lui definiva “liberale”, concorda?
«Certamente il colpo si sente, ma siamo oggettivi: non possiamo non riconoscere che negli anni siamo diventati più deboli, oggi come moderati valiamo il 9 percento, 7 Fi e 2 Noi moderati, il Pdl nel 2008 aveva il 39. Abbiamo una responsabilità: non disperdere la nostra storia e i nostri valori, accettando le nuove sfide di questo tempo di cambiamenti d’epoca».

Intervista a La Repubblica del 28 dicembre 2023, di Mattia Pucciarelli