Il leader di Noi moderati: «I governi cadono per dissidi interni. Dobbiamo evitare i distinguo continui, che non servono a nessuno perché la visibilità non significa consenso»
Quelle che hanno monopolizzato il dibattito estivo, dal quale si è tenuto a margine, le considera appunto «polemiche agostane». Ma Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, non sottovaluta affatto i temi che pure sono emersi e le modalità con cui sono stati trattati: «Quello che i nostri elettori ci chiedono continuamente è unità. E quello su cui si gioca la partita del nostro governo è ciò che sapremo fare di concreto per il Paese. Quindi dobbiamo evitare i distinguo continui, che non servono a nessuno perché la visibilità non significa consenso, così come dovremmo essere capaci di affrontare cose serie all’interno della coalizione. Il tema della cittadinanza è uno di questi, ma non può essere usato come spot. Deve essere inserito all’interno di un’architettura complessiva, che comprende crescita, natalità, immigrazione, famiglia, lavoro, protezioni sociali. Si può fare, senza offrire il fianco alle opposizioni».
Sta dicendo che lo ius scholae, che ha diviso Lega e FI, non è una priorità?
«Dico che abbiamo davanti, da domani in poi, tre grandi sfide. Una sul piano internazionale, una sulla manovra, una sulla compattezza della coalizione».
Partiamo dalla prima.
«Sarà importantissimo per il governo avere un commissario europeo con deleghe importanti e, come spero e credo, una vicepresidenza esecutiva. Averli significa dimostrare l’importanza e la centralità dell’Italia dove davvero si costruisce il futuro di tutti, in Europa».
Sarà Fitto?
«Il fatto che la premier abbia pensato a lui indica lungimiranza: mettere a disposizione della commissione l’uomo che in Italia ha uno dei ruoli più delicati, gestendo la partita del Patto di stabilità e del Pnrr, significa aver capito quanto è importante avere un ruolo cruciale in Europa. Ci rafforza».
Secondo tema la manovra: lì le spine sono tante
«Sì, e vorrei essere chiaro. Non possiamo nemmeno immaginare che le risorse limitate possano essere disperse in mille rivoli».
A chi si riferisce?
«In un Paese che ha 14 milioni di pensionati e spende il 70% delle risorse per la previdenza e solo l’1% per natalità e sostegno alle famiglie, è impensabile immaginare di destinare risorse ai pensionamenti anticipati, che siano quota 41 o 42. Dobbiamo rovesciare la prospettiva, e questo sarà uno dei temi su cui noi del centro e del centrodestra dobbiamo caratterizzarci».
Questo direte al vertice di domani?
«Sarà un punto cardine, certo. Dobbiamo investire sulla famiglia, sulla natalità, sul cuneo fiscale, su stipendi più dignitosi, o le pensioni non saremo più in grado nemmeno di pagarle. Un figlio, nell’età dell’istruzione, costa circa 8.000 euro l’anno. Ed è la seconda causa di povertà per famiglie meno ricche. È indispensabile concentrarci su questo punto».
Il tema della cittadinanza è quindi un diversivo?
«No, perché è una questione reale. Ma non può essere affrontata con slogan o peggio andando a traino della sinistra. Noi siamo il governo che ha portato a 500 mila i permessi di lavoro per gli immigrati, chiaro che dobbiamo occuparci anche di ius scholae, io lo proposi nel 2015. Ma all’interno di un discorso complessivo. Intanto cominciando a sveltire le pratiche burocratiche per chi già ne ha diritto, che appena lo matura riesce a ottenere le carte mediamente in 4 anni. Troppi. Ma appunto, non è con i distinguo o con le stoccate che si affrontano certe sintesi. Si discute e si trova la sintesi».
È un rimprovero a FI?
«No, io faccio un invito a tutti: le maggioranze cadono per dissidi interni, mai per colpa dell’opposizione. Noi siamo quattro partiti diversi ma siamo capaci di fare sintesi. E a noi del centro e del centrodestra, oramai che il sistema ha assunto una fisionomia decisamente bipolare con il riavvicinamento di Azione e Iv alla sinistra, a noi spetta rappresentare il senso di responsabilità ed equilibrio del centro anche portando avanti le nostre battaglie ideali. Dobbiamo dare una casa a chi a sinistra non è mai voluto stare e oggi non ha rappresentanza senza un terzo polo che non più ha spazio. Questo è il nostro compito. Facciamolo sui temi veri, perché la partita del futuro si gioca oggi».
Intervista al Corriere della Sera