«La scoppola in Sardegna ci sarà utile»

Il leader di Noi moderati: «Abbiamo fatto errori, ma il successo nella collocazione del Btp Valore conta di più:
mostra che gli italiani si fidano dello Stato. Basta litigare, togliamo dal tavolo le polemiche sul terzo mandato»

 

«In Abruzzo vinceremo. Il campo largo della sinistra? Non sanno cosa seminarci. La prima tempesta lo spazzerà via. La nostra è un’alleanza sul programma, la loro una semplice somma aritmetica. La delegittimazione della polizia? Stiamo scherzando col fuoco, in vista del G7».

Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati, è ottimista, nonostante la sconfitta in Sardegna: «I numeri sull’acquisto di Btp sono più importanti del voto sardo: adesso basta litigare, e togliamo dal tavolo le polemiche sul terzo mandato».

Iniziamo dagli strascichi sardi. Siamo sicuri che la sconfitta del centrodestra non avrà contraccolpi nazionali?
«Sì, i sardi hanno scelto, pur di poco, il candidato avversario, ma si tratta comunque di elezioni regionali. Se assegnassimo a questa consultazione un valore nazionale, allora dovremmo anche riconoscere che in termini di voti il centrodestra ha riconfermato il suo consenso, che peraltro aumenta rispetto alle elezioni politiche».

Tuttavia, qual è la lezione da imparare?
«Inutile girarci intorno, la scoppola in Sardegna l’abbiamo presa, e Truzzu è stato bravo nel riconoscerlo.
Ma la sconfitta può essere utile, se ti aiuta a comprendere gli errori commessi. Dobbiamo ascoltare di più i territori, senza litigare tra di noi per la scelta dei candidati».

Ma le rivalità sembrano persiste· re anche dopo il voto, soprattutto tra Fdi e Lega.
«Quando sei all’opposizione, il tuo compito è convincere i cittadini che il tuo programma è migliore di quello della maggioranza. Quando sei al governo, la prima sfida è governare, non distinguersi. Si perde e si vince insieme. La forza del centrodestra sta nel fatto che nella diversità dei suoi componenti, ognuno porta un contributo per un lavoro unitario».

 

Però la stabilità del governo non è in discussione?
«No, e il successo clamoroso dei Btp Valore indica che i cittadini hanno fiducia nello Stato e nelle istituzioni, perché altrimenti non comprerebbero 20 miliardi di debito pubblico. Lo spread è sotto controllo. Se parliamo di stabilità di governo, contano più questi numeri di quelli della Sardegna».

 

Anche a sinistra si coltiva il sogno dell’unità, festeggiando la resurrezione del «campo largo»  PdMovimento 5 Stelle. Preoccupato?
«Noi che abbiamo origini contadine, sappiamo che ogni campo, largo o stretto che sia, ha bisogno di un seme per far crescere qualcosa di buono, altrimenti la prilna tempesta spazza via il raccolto. E loro non hanno nulla da seminare. Da 30 anni il centrosinistra non ha un’identità comune: si mettono insieme solo per fini elettorali. Adesso si chiama ~campo largo”, prima si chiamava Ulivo, ma a tenerlo insieme era solo l’ antiberlusconismo. C’è sempre l’agricoltura di mezzo, ma la sostanza non cambia: non hanno terreno fertile».

 

Fuor di metafora agricola?
«Come fa il Partito democratico a stare insieme ai 5 Stelle, oppure a Renzi e Calenda? La pensano in maniera opposta su tutto: dall’Ucraina alla transizione ecologica, dall’assistenzialismo alle infrastrutture, alle politiche sul lavoro. È un’alleanza puramente aritmetica, che fa male non solo a chi la costruisce ma anche alla politica in generale, perché farà montare ancor di più la disaffezione dei cittadini verso i partiti».

 

Adesso si guarda all’Abruzzo, dove il centrodestra non può sbagliare. Un altro passo falso e il governo è a rischio?
«Sto andando spesso in Abruzzo, e sono convinto che l’azione di Marco Marsilio sarà premiata. Ha governato bene, e il clima che si respira è positivo. Qualche giorno fa sono arrivati 750 milioni di euro per la tratta ferroviaria Bari-Pescara e la Pescara-Roma. L’opposizione parla di prebende elettorali? Sono ignoranti, non capiscono come funziona il finanziamento di un’opera strategica, oppure, peggio, sono in malafede. Penso che dall’Abruzzo arriverà un segnale positivo dai cittadini, anche per i moderati del centrodestra».

A proposito, Gianfranco Rotondi chiede a Giorgia Meloni di convocare i rappresentanti della galassia centrist.a del centrodestra, per trovare una «sintesi unitaria» dei moderati. Volete un partito comune al centro?
«Noi Moderati è la quarta anima del centrodestra. Ci siamo già. Più che una convocazione, serve il riconoscimento dell’importanza di tutte le componenti della coalizione. Continuiamo a lavorare perché in Italia si rafforzi la presenza popolare».

 

Intanto la coalizione continua ad essere divisa sul terzo mandato ai governatori. La Lega insiste, gli altri resistono. Salvini dice che
«impedire il terzo mandato limita la democrazia.. Come si risolve il rebus?
«lo propongo di togliere l’argomento dal tavolo della polemica e portarlo in Parlamento. Il terzo mandato ha pro e contro, ed è un
tema troppo importante per essere ridotto al futuro di una regione o di un’altra, o ai problemi interni di questo o quel partito».

 

Dunque propone di rimandare la scelta?
«Fedriga ha fatto una proposta intelligente: apriamo un confronto serio tra Parlamento, governo e regioni. La discussione va slegata dagli interessi particolari delle singole forze politiche. Da una parte c’è il desiderio di continuità di governo locale e del rap· porto diretto tra eletto ed elettore, come ha spiegato bene Giovanni Toti, dall’altra l’esigenza di un limite ai mandati, perché l’elezione diretta fornisce grandi poteri a sindaci e governatori».

 

Perché non le è piaciuta la frase del neogovernatore Alessandra Todde: «Le matite hanno battuto i manganelli»?
«Perché non ha senso. Se prendiamo cento elettori di Todde, nemmeno uno ti verrà a dire che ha scelto chi votare sulla base dei fatti di Pisa. È un ragionamento poco rispettoso dell’intelligenza dei cittadini, e tra l’altro non è dignitoso neanche per la Todde, che oggi ha un ruolo istituzionale, che dovrebbe esercitare anche nel linguaggio».

 

Elly Schlein lascia intendere che, nella gestione dell’ordine pubblico, state imitando gli autoritarismi alla Orbàn.
«Queste frasi sono sintomo di una debolezza politica. Ci accusano di essere populisti facendo leva sulla demagogia, che del populismo
è parente stretta. Davvero vogliono ricominciare con la storia dell’allarme fascismo, una strategia che peraltro non ha mai pagato in termini di consenso? Lo dico a destra e sinistra: se non usciamo dalla retorica dei fascisti contro comunisti, la gente non andrà più a votare. E la colpa non sarà dei cittadini, ma della politica».

 

E’ vero che è in atto un tentativo di delegittimazione della polizia, dopo gli scontri con gli studenti?
«Le tensioni sociali sono dietro l’angolo. Oggi, con la guerra alle porte e le potenziali crisi energetiche, c’è bisogno di grande responsabilità in primo luogo da parte della classe dirigente. Dire che in Italia non esiste diritto di manifestare è fuori dalla realtà, e alimenta queste tensioni, in vista del prossimo G7. Delegittimare le forze dell’ordine è un errore, e la consegueza sono le immagini di Torino, dove gli anarchici hanno assaltato un furgone della polizia».

 

L’intervento di Mattarella sul fallimento del manganello» è una bacchettata al governo?
«Diamo al richiamo del presidente della Repubblica, che abbiamo condiviso nel principio, le giuste dimensioni. lo sono contento che i giovani manifestino e con loro la prima strada è sempre quella del dialogo, purché si rispettino tutte le regole. La manifestazione di Pisa non era autorizzata».

 

Eppure c’è chi pensa che il vero scontro dei prossimi mesi sarà tra Palazzo Chigi e Quirinale, anche sui poteri presidenziali fissati nella nuova riforma del premierato.
«È un altro tentativo di delegittimare una parte politica. Per noi il presidente della Repubblica resta una figura di garanzia. Il secondo mandato al presidente Mattarella nasce anche con il nostro appoggio. Proprio per rispetto a questa figura, abbiamo abbandonato il progetto iniziale di elezione diretta del capo dello Stato, che è sempre stato uno dei cavalli di battaglia del centrodestrae di Silvio Berlusconi, per preferire l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Non c’è nessuna contrapposizione tra governo e Quirinale».

 

Il problema è la norma anti-ribaltone, quella che prevede lo scioglimento delle Camere in caso di sfiducia. Non è un attacco alle prerogative del presidente della Repubblica?
«No, è un modo per aderire alla “costituzione materiale” del nostro Paese: da quando esiste la democrazia dell’alternanza, in Italia il candidato della coalizione vincente solitamente dopo le elezioni diventa premier. Questa prassi ha bisogno di una forma, sulla base di un’esigenza: si deve governare per cinque anni, e se non si ha più la fiducia della maggioranza, è giusto andare a casa e tornare alle elezioni. E il voto è la massima espressione della democrazia».

Intervista a LaVerità di Muarizio Lupi