«E iniziata la campagna elettorale ma niente contraccolpi a Bruxelles»
Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, che segnale dà l’Italia con la bocciatura del Mes?
«Il segnale più forte di questi giorni non è il Mes, ma il fatto che il governo italiano abbia lavorato con gli altri Paesi dell’UE per modificare il Patto di stabilità. E che con senso di responsabilità abbia raggiunto un nobile compromesso per un’Europa diversa, che investe su crescita e sviluppo. Nessuno può dare a questa maggioranza lezioni di europeismo. E il fatto che lo spread sia rimasto stabile a 161 lo dimostra: la vera sfida era quella del Patto. Il no al salva-Stati, com’era evidente, non ha fatto venire giù il mondo».
La maggioranza però si è spaccata.
«Che sul Mes avessimo posizioni diverse non è un mistero: noi moderati siamo sempre stati a favore, Lega e Fdl contrari. Questo non significa che il centrodestra non sia caratterizzato da una forte anima europeista, in tutte le sue componenti. Del resto anche l’opposizione si è divisa. Serve però una precisazione: il Mes è uno strumento già in funzione. Ciò di cui si discuteva era la sua estensione all’area finanziaria e bancaria. E noi abbiamo sempre sostenuto che c’erano elementi da correggere, a cominciare dal rafforzamento del ruolo del Parlamento. Era questo l’accordo tra i leader di maggioranza».
Allora perché non rinviare il voto?
«Per via dell’accelerazione imposta dall’opposizione. Che non aveva lo scopo di migliorare il trattato, ma solo di mostrare una spaccatura. Del Mes alle opposizioni non interessava nulla: invece di consentire di prenderci il tempo necessario per valutare modifiche
ed eventualmente arrivare alla ratifica, hanno preferito forzare la mano per portarlo subito in Aula. Una strumentalizzazione che non
potevamo accettare. Così ci hanno messo davanti a un testo che non avevamo i tempi per migliorare».
C’è chi sostiene che sia stata la Lega a forzare la mano e Fdl sia stata “costretta” a seguire l’alleata. Che ne pensa?
«E evidente che dalla convention di Firenze in poi la Lega ha legittimamente avviato la campagna elettorale, nel segno di una proposta
politica identitaria. Noi seguiamo un’altra strada, quella popolare, che punta a rafforzare l’Europa. E che su tre partite chiave vinte
dal governo ha dato un contributo determinante: Pnrr, Patto per la migrazione e Patto di stabilità».
Prevede una competizione sempre più accesa, di qui alle Europee?
«Mi auguro prevalga il senso di unità. E lancio un appello: in questi sei mesi la sfida dei partiti di maggioranza dev’essere quella di
proseguire l’azione riformatrice. Se così sarà, le Europee rappresenteranno una vittoria per tutto il centrodestra: lottare per toglierci
uno 0,5% a vicenda non ha alcun senso».
Torniamo al Mes. Teme conseguenze per il governo sui tavoli europei?
«No perché i segnali dati dal governo in questi 14 mesi sono stati tutti di grande responsabilità. In più il ministro Giorgetti in sede
europea aveva già riferito più volte che su questo Mes non sarebbe arrivato il sì del Parlamento italiano. Ben più grave sarebbe stata l’esclusione dell’Italia dalle modifiche al Patto di stabilità. Invece su quel tavolo c’è stata una grande assunzione di responsabilità. L’opposizione grida che avremmo firmato un accordo lacrime e sangue, forse Giuseppe Conte dimentica le sue leggi di bilancio prima del Covid, quando andava in Europa col cappello in mano».
A proposito di M5S, lei è stato protagonista di uno scontro acceso con loro, qualcuno è quasi arrivato alle mani. Che immagine ha dato l’Aula?
«Un’immagine che non mi è piaciuta affatto. Nessuno di noi è arrivato alle mani ma anche un moderato come me ha perso la
pazienza. A riprova del fatto che i moderati non sono mollaccioni, e chi lo pensa si guardi il mio intervento. Altrettanto negativo è che un tema come questo venga strumentalizzato: sulle grandi questioni internazionali maggioranza e opposizione dovrebbero confrontarsi. Invece i temi europei finiscono per essere ridotti a battaglie di politica nazionale di piccolo cabotaggio: è un errore».
Faccia una previsione: la ratifica arriverà dopo le Europee?
«Ormai il Mes domina i dibattiti senza un reale effetto nel Paese. Il governo si è rimesso all’Aula e ha fatto bene. Ho visto già un impegno a cercare modifiche, e questo è positivo. Ma ripeto: i fronti fondamentali erano il Patto e il Pnrr. E su questo l’Italia è tornata a giocare da protagonista. Per il resto, non ci sono urgenze, non si prospetta il finimondo. Lo dico anche con ironia alle opposizioni: è Natale, cerchiamo di essere tutti più buoni…».