«Non serve un partito ma dialogo sui temi,
a partire dalla nuova legge elettorale»

 

«Non si tratta di difendere un nostro spazio, dei ruoli, e nemmeno solo dei principi che abbiamo a cuore». Per Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, si tratta, per i cattolici, di «misu­rarsi con le sfide epocali che abbiamo davanti». Cit a la denatalità, la libertà educativa, il lavo ro, l’intelligenza artificiale. «È una sfida affascinante all’intel­ligenza della nostra fede. Ne va del futuro dei giovani». E da pre­sidente dell’Intergruppo parla­mentare per la sussidiarietà, auspica che – come avvenuto per la legge sull’assegno unico per i figli – «il dialogo sia aperto a tutti e le soluzioni condivise».

Ma a 30 anni dalla fine dell’esperienza unitaria, l’ac­cusa è di non essere né incisivi, né coraggiosi, né visibili.
Il tema ciclicamente ritorna, ma la prospettiva andrebbe ribaltata. Don Giussani, che da gran­de educatore non ebbe paura di confrontarsi con i cambia­menti epocali di 50 armi fa, diceva che «il metodo è imposto dall’oggetto». Non si tratta di imporre la nostra visione in un mondo di cui ci interessa poco. Perché tutto, alla luce dell’espe­rienza cristiana, ci interessa eccome, ci interpella. La vocazio­ne a impegnarci per il bene comune ci viene, immutabile, dal catechismo, dalla Dottrina so­ciale della Chiesa. Ma cambia­no le soluzioni, e con l’esplo­sione del Covid, delle guerre e ora con la rivoluzione in vista dell’intelligenza artificiale, non possiamo non interrogarci su come garantire la centralità della persona su cui è imper­niata la nostra Costituzione, con quali strumenti, in un mondo che cambia così velo­cemente. E non possiamo non occuparci, come chiede il Pa­pa, anche della sostenibilità ambientale, di che cosa sarà il nostro Paese fra 10 anni.

Ci si interroga, però, sugli strumenti politici da usare.
Il punto di partenza non può essere un nuovo partito. Si trat­ta, come dicevo, di partire dal­la realtà. Di costruire opere, di garantire libertà, di sostenere esperienze reali in cui il cam­biamento è già in atto. Don
Sturzo il famoso appello ai “li­beri e forti” non lo preparò a ta­volino, il partito popolare nac­que dopo aver girato l’Italia, ascoltando associazioni, cono­scendo esperienze di econo­mia sociale, istituti di credito legati al territorio. Da li bisogna ri­partire anche oggi.

Ma l’elezione diretta del capo del governo non rischia di pe­nalizzare proprio i corpi in­termedi cari a don Sturzo?
Il livello raggiunto di disaffezio­ne dal voto impone di accetta­re la sfida di una democrazia decidente, per ridare al cittadi­no la possibilità di incidere. Con l’elezione diretta, ma anche con il ritorno a un sistema elettora­le che permetta la selezione della classe dirigente.

Come ridare vera centralità al Parlamento?
Liberando la discussione dai retaggi ideologici che continua­no a pesare: penso al dibattito sul salario minimo. Ci sono tan­ti ambiti su cui lavorare. Penso alla natalità. Alla centralità del­la scuola e alla libertà educati­va. O alla conciliazione lavoro famiglia. Lavoriamo insieme per portare a 5 mesi i congedi parentali retribuiti all’80% (og­gi sono già a due), e sulla pari­tà scolastica per il raddoppio del tetto di detraibilità delle ret­te scolastiche, attualmente di 800 euro. La natalità, la libertà educativa non sono terni “cat­tolici’; ma priorità assolute per il futuro del Paese.

 

Intervista a Maurizio Lupi di A. Pic. pubblicata su Avvenire del 14 gennaio 2024